Buongiorno a tutte e a tutti. Nel consueto riepilogo mensile analizzeremo l’andamento dei mercati nel mese di giugno, un periodo caratterizzato dalle tensioni geopolitiche e dal perdurare del conflitto in Medio Oriente.
Come sono andati i mercati in questo mese?
Buongiorno a tutte e a tutti. Nel consueto riepilogo mensile analizzeremo l’andamento dei mercati nel mese di giugno, un periodo caratterizzato dalle tensioni geopolitiche e dal perdurare del conflitto in Medio Oriente. Oltre a questo, faremo il punto sul percorso di taglio dei tassi da parte della BCE, osservando come si è mossa la curva dei rendimenti e quali sono stati gli effetti concreti per mutuatari, risparmiatori e investitori.
Come sempre, partiamo dal consueto riepilogo mensile per fare il punto della situazione:
Azionario
S&P500: +2,63% (LINEA BLU)
FTSE MIB: -1,27% (LINEA VERDE)
DAX (30 titoli tedeschi a maggior capitalizzazione): -1,21% (LINEA ROSSA)
NASDAQ: +3,47% (LINEA ARANCIONE)
Il mese di giugno è stato positivo per l’azionario statunitense, con l’azionario europeo che è rimasto sulla parità. I principali indici europei – FTSE MIB e DAX – hanno oscillato attorno alla parità, recuperando le perdite di metà mese con le ultime sedute borsistiche di giugno.
Dall’altra parte dell’Atlantico, il NASDAQ ha continuato a correre (+3,48%), sospinto ancora dai titoli tecnologici e dai semiconduttori. Lo S&P500 ha tenuto il passo (+2,63%), nonostante un quadro macro più contrastato negli Stati Uniti.
Obbligazionario
GOVERNATIVO USA SCADENZA 20+: +2,63% (LINEA BLU)
BTP10 ANNI: +0,45% (LINEA ARANCIONE)
BTP SCADENZA 1-3 ANNI: -0,18% (LINEA VERDE)
GOVERNATIVO USA SCADENZA 1-3 ANNI: -1,19% (LINEA ROSSA)
Sul fronte dei bond europei, il mese è stato segnato dal nuovo intervento della BCE, che ha tagliato il tasso sui depositi al 2,00%. Si tratta dell’ottavo da giugno 2024, segnale inequivocabile: l’inflazione è rientrata nei ranghi e ora si può tornare a stimolare con gradualità il credito.
I rendimenti dei titoli di Stato europei sono scesi leggermente nella parte a lunga scadenza della curva, mentre nella parte a breve c’è stata una sostanziale stabilizzazione. Lato Stati Uniti la dinamica è stata la medesima, con i Treasury a breve che hanno perso terreno per via di un incremento dei rendimenti.
Materie prime
GAS NATURALE: -3,13% (LINEA VERDE)
ORO: -1,75% (LINEA BLU)
PETROLIO: +3,79% (LINEA ARANCIONE)
Sul fronte delle commodity, il petrolio è tornato a salire dopo alcune settimane di stabilità. Il motivo? Le rinnovate tensioni tra Iran e Israele, che hanno riacceso i riflettori sullo Stretto di Hormuz. L’oro ha vissuto un mese leggermente negativo con gli investitori che hanno liquidato in parte le posizioni sul metallo prezioso.
Cos’è successo sui mercati questo mese?
Il mese di giugno 2025 ha visto il prosieguo della crescita dell’azionario statunitense e globale, nonostante le tensioni in Medio Oriente che hanno destato preoccupazione per timori di escalation, timori per ora rientrati in seguito alla tregua voluta dagli Stati Uniti.
Un importante evento nel corso del mese di giugno è stato il nuovo taglio dei tassi da parte della BCE, taglio dei tassi di 25 punti base che ha portato il tasso sui depositi è al 2,00%, quello principale di rifinanziamento al 2,15%, e il tasso marginale al 2,40% (vedi grafico 1).
Grafico 1 – Il ciclo di tagli dei tassi della BCE
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Davide Berti su dati BCE
Se si guarda alla traiettoria dei tassi da metà 2022 a oggi, si nota un’inversione chiara: da una fase restrittiva molto rapida – necessaria per frenare l’inflazione esplosiva del post-Covid e della crisi energetica – a una gestione più fine e calibrata, volta a favorire la normalizzazione senza danneggiare la crescita.
Ma cos’è cambiato davvero rispetto ai mesi scorsi?
La vera notizia è che l’inflazione è rientrata sotto il target. A maggio, l’inflazione europea è scesa all’1,9%, in calo rispetto al 2,2% del mese precedente. Questo vuol dire che la BCE è riuscita, con un anno e mezzo di strette, a ripristinare la stabilità dei prezzi. E senza “schiacciare” l’economia.
I segnali dal lato reale, infatti, sono più che incoraggianti. L’ultima stima flash di Eurostat indica che il PIL reale dell’Eurozona crescerà dell’0,9% nel 2025, in miglioramento rispetto allo 0,6% previsto a inizio anno. La spesa delle famiglie mostra una timida ripresa, il credito al consumo è tornato a crescere e il comparto manifatturiero – soprattutto in Germania – sembra aver toccato un minimo ciclico.
Nel contempo, anche le condizioni finanziarie si stanno allentando. I tassi sui mutui si sono stabilizzati e/o sono in lieve calo e le imprese stanno tornando a investire, soprattutto nei settori legati alla transizione energetica e alla digitalizzazione. Questo contesto più favorevole ha permesso alla BCE di agire in modo graduale, senza innescare instabilità o reazioni eccessive nei mercati.
È importante sottolineare che questo non è un "via libera" illimitato. La presidente Lagarde è stata chiara: i prossimi tagli non sono scontati. Tutto dipenderà dai dati su inflazione e crescita. Ma per la prima volta da anni, l’Europa sembra trovarsi in una posizione di equilibrio: l’inflazione è sotto controllo, la crescita è presente e la politica monetaria è tornata ad avere margini di manovra. È un segnale forte di credibilità, tanto per i mercati quanto per cittadini e imprese.
Cosa cambia per i mutuatari ora che la BCE ha tagliato i tassi?
I recenti tagli ai tassi da parte della BCE stanno continuando a produrre effetti concreti anche per chi ha o sta per accendere un mutuo. In particolare, la discesa dell’Euribor a 3 mesi, che viene utilizzato come riferimento per i mutui a tasso variabile, ha riportato questa opzione su livelli decisamente più interessanti rispetto agli ultimi anni. Dopo aver superato il 4% nel 2023, oggi l’Euribor a 3 mesi è tornato al livello del 2%, riducendo notevolmente la rata mensile per chi ha un mutuo a tasso variabile (grafico 2).
Grafico 2 – Andamento Euribor a 3 mesi e IRS a 30 anni, 2025
La situazione è invece diversa per i mutui a tasso fisso, ancorati ai tassi IRS. Proprio l’IRS a 30 anni, che serve come base per i mutui fissi di lunga durata, è salito leggermente nelle ultime settimane, passando da circa il 2,50% di inizio a quasi il 2,70%. Questo perché il mercato, pur riconoscendo l’attuale fase espansiva della BCE, inizia a prezzare anche i rischi futuri legati all’inflazione importata (soprattutto energetica) e all’andamento dell’economia globale.
In sintesi, oggi il tasso variabile torna a essere una scelta che può essere presa in considerazione vista la potenziale miglior convenienza rispetto al tasso fisso. Ricordo sempre che il tasso variabile deve essere considerato solo da chi ha una buona capacità di sopportare eventuali futuri aumenti in quanto, per definizione, il tasso variabile varia seguendo il ciclo monetario della BCE e, in caso di fiammate inflazionistiche, potrebbe tornare a salire. Al contrario, il fisso – che per mesi è stato nettamente preferito al variabile – potrebbe risultare nel breve periodo meno conveniente, offrendo però sempre stabilità e certezza nelle rate, elemento importantissimo per il mutuatario
Cosa cambia invece per i correntisti?
La riduzione dei tassi da parte della BCE non incide solo su mutui e prestiti, ma ha effetti anche per chi mantiene liquidità sul conto corrente o investe in strumenti di breve termine. Con un costo del denaro in discesa, i rendimenti offerti da conti deposito, conti remunerati (dove previsti) e strumenti del mercato monetario tendono anch’essi a calare. Se nei mesi scorsi si trovavano conti deposito sopra il 4%, oggi le offerte di conto deposito sono mediamente tra l’1.5% e il 2%, con prospettive di ulteriore discesa nei prossimi mesi.
Anche i fondi monetari, che avevano beneficiato dell’impennata dei tassi nel 2023 e 2024, vedranno rendimenti meno generosi, pur mantenendo un ruolo interessante in ottica di parcheggio temporaneo della liquidità per il fondo di emergenza. In sintesi: la liquidità allocata in conti deposito e strumenti del mercato monetario rende meno rispetto ad 1 anno fa; ciò potrebbe portare, compatibilmente con la propensione al rischio, a valutare soluzioni leggermente più dinamiche per cercare un rendimento reale positivo.
Quali sono i rischi da monitorare?
Il contesto europeo appare equilibrato, con un ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo del 2% ed una crescita che resta positiva. Ma i rischi – com’è spesso il caso – arrivano da fuori.
Il più evidente è legato al prezzo dell’energia, che resta vulnerabile alle tensioni geopolitiche. I recenti sviluppi nel conflitto tra Iran e Israele, con attacchi a obiettivi infrastrutturali e il rischio di chiusura parziale dello Stretto di Hormuz, hanno riacceso i timori di una nuova fiammata inflattiva importata. Il futuro è chiaramente incerto ed imprevedibile, ma in caso di nuove tensioni tra Occidente e Medio Oriente non è da escludere un petrolio verso i 100$ al barile e una conseguente fiammata inflazionistica.
Un altro rischio riguarda la debolezza del commercio globale, con gli Stati Uniti che potrebbero introdurre nuove tariffe e misure protezionistiche nei prossimi mesi in vista della campagna elettorale. In quel caso, l’Europa –esposta all’export – potrebbe risentirne.
Ma questi sono scenari da monitorare, non da temere, sempre con allocazioni di portafoglio efficienti, resilienti ed efficaci
Cosa possiamo imparare dagli avvenimenti di questo mese?
Il mese di giugno ci lascia importanti insegnamenti. Il primo è che gli effetti geopolitici sono spesso imprevedibili. Il weekend dell’attacco statunitense alle basi iraniane molti “esperti analisti” vedevano un’apertura degli indici azionari in pesante rosso e un petrolio a 100$ al barile. Così non è stato e anzi, il petrolio ha subito ritracciato e l’azionario ha fatto registrare una seduta positiva. Ciò ci insegna che prendere decisioni di investimento “sulla notizia” possa essere controproducente per la pianificazione efficiente strutturata.
Il mese di giugno ci consegna un’Europa diversa da come l’abbiamo conosciuta negli ultimi anni: non più in rincorsa o in crisi, ma finalmente in anticipo sui problemi, con una banca centrale credibile e un sistema economico più resiliente di quanto molti pensassero.
Chi investe oggi in Eurozona può farlo con maggiore serenità, ma senza abbassare la guardia. La lezione di fondo resta la stessa: non serve rincorrere i mercati, serve comprendere il contesto e agire con equilibrio.
E se oggi l’inflazione è bassa, la crescita è positiva e i tassi sono in discesa… forse, dopo anni difficili, possiamo dire che l’Europa ha davvero ritrovato un po’ di stabilità.